11 Gennaio 1999: muore Fabrizio De Andrè
Scritto da claudia il 11 Gennaio 2024
Oggi, 11 gennaio, segna la morte di uno dei cantautori più influenti del ‘900, se non di tutta la storia della musica italiana. La sua musica continua ad ispirare le nuove generazioni, dimostrando la potenza e l’intramontabile talento dell’artista.
Nasce nel quartiere di Pegli, a Genova, da una famiglia di origini modeste. Il padre riuscirà a fare dell’acquisto di un istituto tecnico la sua fortuna e diventerà vice sindaco repubblicano di Genova, al contrario di Fabrizio che sarà sempre molto vocale nella sua lotta contro le istituzioni.
Nel periodo post-bellico, si sviluppa una delle amicizie più significative e durature della vita di De André: quella con Paolo Villaggio. Entrambi caratterizzati da un’anima inquieta e tormentata, è proprio questa affinità a cementare il loro legame fin da subito. Provenienti da famiglie agiate di Genova, entrambi condividono i momenti più cruciali e felici della loro esistenza, fino alla prematura scomparsa di De André nel 1999. Entrambi studenti del liceo classico, decidono di abbandonare la facoltà di giurisprudenza per perseguire le rispettive aspirazioni artistiche: De André come cantautore e Villaggio come attore e comico, raggiungendo il successo con il personaggio di Ugo Fantozzi. Villaggio si dimostra un valido paroliere per De André, contribuendo alla stesura di brani come “La Canzone di Marinella” e “Carlo Martello ritorna dalla battaglia di Poitiers,” tra i maggiori successi del cantautore. Le loro vite si intrecciano tra serate nei locali di Genova, spettacoli sulle crociere, esperienze di vita ribelle e, alla fine, la morte di De André a causa di un cancro ai polmoni, che lo reclama in pochi mesi. Villaggio rivela la difficoltà di assistere agli ultimi mesi di vita del cantante, segnati dall’ansia dell’inevitabile avvicinarsi della morte, tema spesso al centro delle loro conversazioni, percepito da entrambi come qualcosa di remoto. Proprio Villaggio, in virtù della predilezione di De André per i pastelli e le matite Faber-Castell, lo soprannomina affettuosamente “Faber,” un termine che richiama anche l’assonanza con il suo nome.
Si avvicina alla musica grazie all’ascolto di Georges Brassens, del quale tradurrà alcune canzoni, inserendole nei suoi primi album a 45 giri, ma anche grazie alla sua “scoperta” del jazz e l’assidua frequentazione degli amici Luigi Tenco, Umberto Bindi, Gino Paoli, del pianista Mario De Sanctis e altri, con i quali comincia a suonare la chitarra e a cantare nel locale “La Borsa di Arlecchino”. In questo periodo vive una vita sregolata, dormendo a casa di altri e instaurando una relazione con una prostituta di nome Anna, mal vista dalla famiglia con cui aveva già un rapporto teso. Cerca di sbarcare il lunario suonando nelle crociere insieme a Villaggio. Quest’ultimo racconta che i due hanno anche lavorato insieme a Silvio Berlusconi, quando anche lui si esibiva nelle crociere.
Lo stile di vita condiviso con individui di umile estrazione ne ha profondamente influenzato i testi e la prospettiva sulla vita e sul mondo. Un’ importante influenzata fu la lettura delle opere di Michail Bakunin, Errico Malatesta e Max Stirner, che ne hanno plasmato le idee anarchiche. Questo substrato culturale, insieme alle prime letture di autori francesi illustri come Proust, Maupassant e Flaubert, e di scrittori russi come Dostoevskij, ha svolto un ruolo fondamentale nella formazione del giovane De André. De andrè è considerato il cantante degli emarginati, poiché i suoi testi fungono da voce per gli ultimi della società, nonché da denuncia contro le istituzioni, la società ingiusta e conservatrice. Stilisticamente è dentro e fuori la tradizione italiana e sa far proprie le suggestioni della canzone francese, delle ballate medioevali, del rock e del folk.
La sua carriera musicale ha avuto inizio nell’estate del 1960, quando, insieme a Clelia Petracchi, compagna al tempo, ha composto quella che il cantautore considera la sua prima canzone, “La ballata del Michè”. In questa composizione, è evidente l’influenza della canzone esistenzialista francese.
Verso la fine di giugno 1961, Beppe Piroddi, uno dei playboy più in voga dell’epoca, introduce Enrica Rignon, soprannominata “Puny”, a Fabrizio De André. Enrica, appassionata di jazz, è più grande di quasi sette anni rispetto a Fabrizio e proviene da una delle famiglie più facoltose di Genova. Dopo alcuni mesi di frequentazione, “Puny” rimane incinta, diventando così la prima moglie di De André. Nel 1962 nasce il loro figlio Cristiano. Tuttavia, la coppia si separerà a metà degli anni settanta. Dopo il matrimonio e la nascita del figlio, il ventiduenne Fabrizio si trova nella necessità di garantire il sostentamento della famiglia e ottiene un impiego come vice preside in un istituto scolastico privato di proprietà del padre.
Nel 1961 firma un contratto con la casa discografica Karim, co- fondata dal padre e nello stesso anno debutta in televisione nel programma rendez- vous. Nel 1964 incide La canzone di Marinella, che gli darà il grande successo e la notorietà a livello nazionale tre anni dopo, quando sarà interpretata da Mina. Ciò da via ad un periodo di forte produttività, inaugurando la serie dei concept album con “Tutti morimmo a stento”. Questo periodo vede anche la collaborazione con i New Trolls per l’album “Senza orario senza bandiera”.
Segue “La buona novella”, un concept album che interpreta il pensiero cristiano attraverso vangeli apocrifi, sottolineando l’umanità di Gesù. De André considera questo disco la sua miglior incisione. Il rapporto di Faber con la spiritualità è incredibilmente intricato: sarebbe improprio definirlo ateo, così come sarebbe ingannevole classificarlo come credente. La dimensione della fede svolge un ruolo di rilievo nell’opera del cantautore genovese, ma la sua interpretazione è ambivalente. Faber esplora costantemente l’idea di una realtà spirituale con una certa distanza rispetto alla concezione tradizionale della fede e alle istituzioni religiose.
Nel 1973, De André pubblica “Storia di un impiegato”, un concept album politicamente orientato, basato sulle vicende di un impiegato durante il maggio del ’68. L’album riceve critiche contrastanti, ma negli anni successivi viene riconosciuto per il suo valore musicale.
Tra il 1969 e il 1979 comincia ad essere controllato da parte dei servizi segreti italiani. Questo per via della sua amicizia con un simpatizzante del marxismo-leninismo, coinvolto nelle prime inchieste sulla strage di piazza Fontana, originariamente attribuita a gruppi di estrema sinistra. Pur non emergendo prove di una partecipazione attiva di De André a gruppi politici, il SISDE lo cataloga come “simpatizzante delle brigate rosse”. L’acquisto di un terreno a Tempio Pausania con la moglie Dori Ghezzi viene interpretato come un possibile rifugio per militanti extraparlamentari di sinistra. L’ipotesi degli investigatori è rafforzata dai contatti di De André con persone legate ai gruppi anarchici e filocinesi a Genova. L’attività politica reale di De André si limita a sostenere economicamente e finanziare il periodico anarchico A/Rivista Anarchica ed è proprio nell’album “Storia di un impiegato” che denuncia il terrorismo, ritenendolo un mezzo attraverso cui il potere centrale si rafforza e non attraverso cui viene indebolito.
La pubblicazione di “Storia di un impiegato” avviene durante un periodo di crisi professionale e personale per Fabrizio De André, con la fine del matrimonio con Puny e l’inizio di una relazione con Roberta, terminata due anni dopo, ispirando la canzone “Giugno ’73”. Nel 1972, esce l’album “Canzoni,” una raccolta di vecchie canzoni ri-incise da Gian Piero Reverberi, segnando l’inizio della collaborazione con Francesco De Gregori. Durante le registrazioni dell’album “Canzoni,” Fabrizio De André incontra Dori Ghezzi, con la quale avvia una relazione che si consolida con il matrimonio nel 1989. De André, noto per la sua timidezza e riservatezza, ha sempre preferito luoghi intimi e di dimensioni ridotte. In questo periodo, tuttavia, vive le sue prime significative esperienze dal vivo, le quali contribuiscono a superare la sua paura del palcoscenico. L’impresario Sergio Bernardini gioca un ruolo fondamentale nel convincerlo a esibirsi dal vivo nel 1975, dando inizio a una serie di concerti che vedono la partecipazione di membri dei New Trolls e Nuova Idea.
Nel 1976, si trasferisce con la compagna Dori Ghezzi a Gallura, in Sardegna, affascinato dal luogo e stanco della vita genovese. Qui, a Tempio Pausania, coltiva la sua passione per l’agricoltura e l’allevamento, abbandonando temporaneamente la carriera musicale. La coppia restaura un antico stazzo presso l’Agnata, trasformandolo in una fattoria.
Il 27 agosto 1979, i due vengono attaccati a casa da tre uomini mascherati. Guidati in vari luoghi, trascorrono giorni in un primo nascondiglio all’aperto, per poi essere trasferiti in un rifugio. I rapitori sono sempre gentili e disponibili nei loro confronti, ma minacciano di ucciderli se la famiglia non paga un riscatto. La prigionia termina con un riscatto di 550 milioni di lire dopo trattative complesse. Dori viene liberata il 20 dicembre, seguita da Fabrizio il 21 dicembre, dopo 117 giorni di sequestro. L’esperienza del sequestro si riflette nelle canzoni attraverso allusioni sottili, dalla menzione dell'”Hotel Supramonte” al ritratto romantico e proletario dei banditi, senza però negare la durezza dell’evento. Durante il processo, De André perdona i suoi carcerieri, ma non i mandanti, considerati persone economicamente agiate. Nel 1991, De André firma una richiesta di grazia per uno dei sequestratori, un pastore sardo condannato a 25 anni di prigione.
La sua carriera dopo il rapimento sarà caratterizzata principalmente dalla scrittura di brani per altri artisti e dall’uscita di una raccolta delle sue più celebri canzoni, che include una collaborazione con Mina nel brano La canzone di Marinella.
De andrè muore l’11 gennaio 1999. Durante le prove per il suo tour, mostra segni di disagio fisico e dolore al torace e alla schiena. Gli viene diagnosticato un carcinoma polmonare, costringendolo ad annullare il tour. Nonostante la malattia, continua a lavorare su un progetto musicale con Oliviero Malaspina, che non vede mai la luce. Nel novembre 1998, De André viene ricoverato e muore solo due mesi dopo. Dopo la cremazione, le ceneri vengono sparse nel Mar Ligure, secondo la volontà del cantautore, anche se il suo nome appare nella tomba di famiglia al Cimitero di Staglieno a Genova, insieme a quelle del fratello Mauro.
Nonostante la sua fama e l’impatto significativo sulla musica italiana, Fabrizio De André è stato uno di quei cantautori che ha scelto di non partecipare mai al Festival di Sanremo. Il cantautore genovese nutriva un profondo disprezzo per l’idea di competizione basata sulla voce, poiché riteneva che fosse estranea al suo modo di esprimersi attraverso le canzoni. L’unico episodio in cui De André è stato coinvolto a Sanremo è stata la sua partecipazione come paroliere per i New Trolls con “Faccia di cane” nel 1985, posizionandosi al ventesimo posto. Nonostante i numerosi tributi e l’importanza della sua figura, Sanremo non lo ha accolto a braccia aperte. Nel 1994, Pippo Baudo escluse la partecipazione di Cristiano De André, sostenendo che il testo di “Cose che dimentico,” scritto proprio da Fabrizio De André, fosse troppo politico, quando in realtà trattava dell’AIDS.